giovedì 7 novembre 2013

Giorno 19 - L'uomo della finestra di fronte

Uno scrittore, una volta, ha detto che:

Possono succedere tante cose nella vita, eppure si perde tempo ad aspettare.


E scrivere, in fondo, è affacciarsi dalla finestra e guardare la vita che scorre.

Cantare la vita di un altro, o la propria, ma come se fosse di un altro.



La finestra dava su una strada deforme di gente mai stanca.
Un uomo continua a sistemare buste disordinate sul proprio balcone. Lucida la ringhiera come se fosse la cosa più preziosa che possiede e nel frattempo il sole nasce alle sue spalle e tramonta davanti ai suoi occhi assenti.
Non scende mai, dalla sua torre.
Mai una volta in strada e ogni giorno sul suo balcone di ricordi e immondizie.
Quando morirà le buste verranno rovesciate sui passanti assorti: cadranno vestiti di naftalina e tarme, cadranno libri corrosi dall'acqua, cadranno quadri scadenti e scrostati, cadranno vinili e bottiglie di vino finite da tempo.

Quel giorno, il sole nascerà davanti ai suoi occhi e i due si volteranno insieme verso il tramonto.

mercoledì 6 novembre 2013

Giorno 18

Il Circolo Pickwick mi guarda di soppiatto.
È sigillato ancora, nel suo cellophane.

C'è un certo fascino che corre tra le sottili fessure di un libro ancora chiuso.
Sà di promesse, di notti insonni e di una canzone vecchia come il mondo.



martedì 5 novembre 2013

Giorno 17 - Transilvania Express

È forse quando il fumo comincia a ballare sulle note di una musica troppo antica per essere descritta che posso considerarmi felice


Le strade coperte della nebbia umida del mattino camminavano lente tra la fanga e l'erba.
L'aria dell'autunno portava con sé il sentore della neve vicina e dei camini accesi nelle casupole sparse.
E mentre i carretti passavano lenti e i contadini uscivano ai campi con i loro arnesi, l'uomo andava.
Era vecchio, storto come un ramo nodoso e, piegato, portava su di sé il peso della sua umanità.
Il cielo schiariva piano la patina rugiadosa sul mondo, in quel mattino d'autunno, e lui andava a cercare un luogo dove posare il peso che portava con sé da una vita.

A mezzogiorno, il tepore fresco di quella giornata marrone e gialla di foglie che incessanti si accucciavano a terra portò l'uomo in un campo al lato della via.
Gli alberi spogli cantavano la loro canzone di violini e foglie regali e il vento sussurrò al suo orecchio che lì e solo lì avrebbe riposato per bene.
L'uomo si sedette, insieme alle foglie, ai piedi di quei rami stranamente somiglianti a lui, lasciò che il mantello cadesse dalle sue stanche spalle, aprì leggermente la pelliccia che lo accompagnava sotto il mantello, quasi ad invitare il suo corpo stanco a respirare l'aria fresca che si insinuava maliziosa addosso a lui, e cullò la sua vecchiaia sul tronco di quell'albero.
L'albero gli comunicò in quel preciso momento una moltitudine di cose sulla vita e l'uomo, nel suo dormiveglia, pensò che mai aveva sentito un albero esprimersi così bene... ma che dico?! Nessuno gli aveva mai rivolto una parola così dotta e confortante!
E il vento continuava a cantare la sua canzone sottovoce, tra i rami, nell'erba, sui sassi e sul vecchio che, chiusi gli occhi, godeva di quel concerto inatteso.

E così, cantando insieme al vento e parlando con un albero, il vecchio uomo morì.

lunedì 4 novembre 2013

Giorno 16

            Quando le luci bianche dell’alba incominciarono a salire, lui vide i prati morbidi, quasi a poterli sentire sotto i piedi. Sentì il calore del sole accarezzargli la barba ispida e la prima boccata di fumo riempirgli i polmoni. Pensò che da lì a poco avrebbe aperto la stalla e avrebbe dovuto fare un giro per i campi per controllare i braccianti. Pensò al pasto che lo attendeva e al profumo del cibo.
Al suono di una campana i suoi occhi si aprirono a un angolo di mondo remoto: lontano dai prati verdi tutto era brullo ed esanime, olivi arroccati su pendii aridi e bambini scalzi tra le macerie di un paese che non era più.
              La campana suonava da sola.

       La partenza per il fronte lo aveva colto impreparato, l’ennesima Sally lo aspettava quella sera ma lui non se l’era sentita. Quella sera rimase accanto al camino, chiuso in una casa che già non gli apparteneva più. Il fuoco era freddo, quella sera. Le parole lontane. E nel chiudere gli occhi, quella notte, sentì una nenia familiare che stentava a riconoscere.
            La Sally di turno lo salutò disperata il giorno seguente, quasi fosse lei a partire per quel punto geografico dall’altra parte del mondo, ma il suo abbraccio era caldo e le sue lacrime quasi sincere.

            Partì un giovedì di settembre.